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Ma non è che un sogno?

Abbiamo il piacere di diffondere il testo dell’intervento previsto per l’apertura del XII Congresso dell’Associazione mondiale di psicoanalisi, che doveva tenersi quest’anno a Buenos Aires, sul tema “Il sogno. La sua interpretazione e il suo uso nella cura lacanaiana”. Verso il 2022 e il prossimo Congresso a Parigi, leggiamolo da oggi. La redazione.

L’interpretazione dei sogni è un libro scritto da poco più di centovent’anni. È anche il nome di un cantiere aperto da Freud, di un’impresa a cui molti si sono affrettati a partecipare. Inizialmente il libro era il solo manuale di psicoanalisi aperto al contributo di ognuno e di tutti. Ad un certo punto Freud ha deciso che lo stato attuale del testo non doveva più essere rimaneggiato. Certe problematiche che si troveranno in seguito, in particolare a proposito dell’al di là del principio di piacere, non figurano più; ugualmente un capitolo di Otto Rank, incluso in un primo tempo nel volume, è stato eliminato. In una lettera del 1911 a Samuel Jankélévitch, Freud considera che l’opera non sia traducibile in francese1.

Sognatore e interprete

Freud si domandava se i sogni potevano essere comunicati. Nel 1930, scriveva in una nota de L’interpretazione dei sogni: “quasi mai ho comunicato l’intepretazione integrale, a me nota, di un sogno personale”2.
Bisogna cogliere che Freud temeva che il desiderio del sognatore, del soggetto Freud, fosse cancellato. Ha perfino potuto proporre ai traduttori di appropiarsi dei loro stessi sogni al posto dei suoi3, cosa ad esempio che ha fatto Abraham A. Brill negli Stati Uniti. Questo senza dubbio consente di chiarire perché Freud, nelle Nuove conferenze d’introduzione alla psicanalisi, può dire che “[il sogno non rappresenta] di per sé […] un’espressione sociale, un mezzo per farsi capire. E infatti non comprendiamo che cosa vuol dirci, né lo sa meglio lui stesso”4.
Silvia Baudini e Fabián Naparstek, nella loro presentazione al XII congresso dell’Associazione mondiale di psicoanalisi, sottolineano che “I sogni non sono trasparenti!”5 Freud ad un certo momento nota che parlare dei propri sogni nei salotti e interpretarli era diventato un gioco. Si era trovato un nuovo legame sociale! Freud segue un altro percorso.
Il metodo d’interpretazione dei sogni di Freud passa attraverso la libera associazione, che permette di accedere ai “pensieri latenti del sogno”. Il metodo dell’associazione suppone “di curarci il meno possibile […] del sogno manifesto”6. L’interpretazione che libera le associazioni non è, secondo Freud, che un preliminare all’interpretazione dell’analista, il quale formula “ciò che il paziente ha solo sfiorato”. Le formulazioni così comunicate al paziente suppongono un lavoro di costruzione dell’analisi. Freud non teme d’intervenire: noi “completiamo gli accenni, traiamo conclusioni inconfutabili, enunciamo esplicitamente ciò che il paziente nelle sue associazioni ha solo sfiorato”7. In effetti, per lui, quello che sembra aggiungersi al sogno: associazione o costruzione, in particolare, lettura dei simboli, fa parte del sogno. Il sogno interpreta, ma l’interpretazione comprende anche commentare, modulare, associare  tutto questo appartiene al sogno! Qui si vede che Freud non si pone in qualità di psicologo. Nella Traumdeutung il sognatore e l’interprete sono inseparabili.

Il buco che risveglia

Se il sogno non punta ad essere interpretato, significa che il sogno serve ad altro. Freud annota che se il sogno serve all’io e al desiderio di dormire, soddisfa soprattutto un desiderio pulsionale in forma di realizzazione di un desiderio allucinato8. Questa soddisfazione del desiderio è vissuto come presente. E, per Freud, questo desiderio si può formulare in una frase. Di fatto, il sogno oscilla tra immagini, figure e dunque sembianti, ma anche enunciati, linguaggio. E soprattutto procura una soddisfazione proprio reale.
Dapprima Lacan ha voluto ridurre questa soddisfazione a un effetto grammaticale, alla forma verbale del realizzato per più tardi riconoscere nel sogno la presenza di un più-di-godere. È proprio d’altronde il reale pulsionale, il godimento stesso, che rischia di provocare il risveglio del sognatore. Lacan, nel 1975, ci indica che quello che Freud designava con il reale pulsionale è innanzitutto un buco nel linguaggio, nel significante, nel corporeo dell’origine del soggetto9.

Non volersi risvegliare

Come evitare il risveglio? Dicendosi: “Non è che un sogno!”
Questo solleva l’interrogativo del sogno nel sogno. Per Freud, qualificare di sogno il sogno, nel suo stesso contenuto, non lo svaluta, ma cerca di separarlo dalla realtà: “quando un certo avvenimento viene posto dal lavoro onirico stesso in un sogno, ciò significa la più decisa conferma della realtà di questo avvenimento, la sua più vigorosa asserzione. Il lavoro onirico si serve del sognare stesso come di una forma di rifiuto e conferma con ciò il giudizio che il sogno è l’appagamento di un desiderio”10. Il sogno nel sogno è dunque traccia di un rifiuto, che segna che è proprio realizzazione di desiderio e, in fondo, indice del reale pulsionale. Non è che un sogno indica per noi la traccia del reale del godimento, ma in quanto soggetto la rifiuta.
Questo tema si ritrova un po’ più avanti nel testo: ma non è che un sogno mira ad addormentare un’istanza di censura che vorrebbe interrompere il sogno: “Immagino che la critica dispregiativa […] compaia dunque nel sogno quando la censura, che non dorme mai totalmente, si sente colta di sorpresa dal sogno che ha già ammesso”11. Si sottovaluta il sogno per permettergli di proseguire senza risveglio.
Lacan parte da questo punto quando si tratta di commentare l’osservazione (di Nacht ne La psicoanalisi attuale) “un sogno dopo tutto, non è che un sogno”, interrogandosi: “Non conta niente il fatto che in esso Freud abbia riconosciuto il desiderio?”12 Questa osservazione equivale, in effetti, a non volersi risvegliare di fronte all’incontro del desiderio di Freud così presente in quello che trasmette sul sogno. Poiché Freud ha riconosciuto nel sogno un desiderio, é il desiderio che si manifesta e in particolare quello dello psicanalista. Freud osservava che pochi potevano come lui decifrare i loro sogni.

Il lavoro del sogno

Ma non è che un sogno è un’osservazione del soggetto, là dove incontra un desiderio che non è soggetto, propone Lacan negli Scritti13. Non è dunque il soggetto che compie il lavoro del sogno, ma il sogno stesso. Il primo lavoro è quello della distorsione – tale è la traduzione di Lacan di l’Entstellung di Freud. Se le cose stanno così, spostate ma soprattutto distorte, è perché nessun significante può accordarsi a un significato, c’è uno scivolamento di uno sull’altro. C’è scivolamento perché, nel sogno, i legami del significante al significato sono sciolti. Il sogno mostra lalangue all’opera. Detto altrimenti, il sogno utilizza un aspetto del linguaggio, lo scivolamento del significante sul significato. Per manifestare cosa? Un reale che sfugge e, di fatto, attacca i legami della significazione!
Nel sogno in fondo si tratta dell’irrapresentabile che tocca il reale. L’Entstellung non è, per Freud, che la traccia di questo reale al quale lo conduce il desiderio dell’analista. Lacan ha tradotto anche Entstellung con ex-sistenza. Che cosa esiste nel sogno? Innanzitutto sono le pulsioni. E se le pulsioni ex-sistono, secondo Lacan, è anche perché sono soprattutto spostamento. Non sono nel posto dove dovrebbero. Lacan ha annodato l’impossibile da scrivere e da sapere con il reale pulsionale: “È proprio questo che Freud designa parlando dell’ombelico del sogno. […] in modo tale che ciò indica un’analogia, del tutto analoga a ciò che è indicato come reale pulsionale”14. Lacan usa lo stesso termine per il desiderio nel sogno e per le pulsioni: Entstellung, spostamento e ex-sistenza. Ciò che non è al suo posto e non può esserlo, è il sessuale.
Per Freud, l’essenziale del sogno non è nei pensieri latenti messi in luce dall’associazione libera. L’essenziale è il lavoro del sogno. Si tratta di sapere qual è il meccanismo che permette di passare dal sogno manifesto ai pensieri latenti, ovvero questo lavoro che suppone l’effetto della censura che è sempre all’opera. Se non ci fosse la censura perché parlare di desiderio, di rimozione e di latenza? Se Freud si interessa di più al lavoro del sogno, è che trova la traccia prova di una deformazione. La deformazione introdotta dalla sessualità rende certo anche quello che d’altra parte cercherà nel suo Mosé. Cercherà la traccia di una storia alterata, di un crimine, di una sostituzione. In Freud, è anche in effetti la traccia di un assassinio. Da Totem e Tabù a Mosè passando per Edipo, l’ex-sistenza si annoda alla figura impossibile del padre morto del godimento.
I contemporanei di Freud sono stati sedotti dall’interpretazione data dall’associazione libera con la latenza, più che col sessuale. Adler voleva che la realizzazione di desiderio alimentasse la tendenza a rassicurarsi. Jung desiderava rimpiazzare i sogni di Freud con i sogni di pazienti nella Traumdeutung. Sognavano di un sogno tranquillo! È senza dubbio una delle ragioni che hanno deciso Freud a scrivere nella prefazione della seconda edizione: “mi è apparso [questo libro] come un brano della mia autobiografia, come la mia reazione alla morte di mio padre, dunque all’avvenimento più importante, alla perdita più straziante nella vita di un uomo”15. Freud segue il cammino che indica il suo desiderio. Desiderio che passa attraverso il lavoro del sogno, come traccia stessa della rimozione della sessualità.

Una mancanza-ad-essere sessuata

Lacan interviene introducendo un nuovo termine per cogliere l’interrogativo del desiderio nel sogno. Il termine è quello della domanda. Questa domanda oscura è il cuore del sogno, in un al di qua di un desiderio vicino alla pulsione. Come Lacan sottolinea più tardi, prima di dirci qualcosa nel sogno c’è un ça vuole: “quando interpretiamo un sogno, a guidarci non è certo l’interrogativo che cosa vuol dire?, e nemmeno che cosa vuole egli per dire questo?, bensì che cosa, nel dire, vuole?”16
In effetti questa domanda oscura, quasi reale, che quando è esplicita diventa transitiva, è anche ciò che deve essere superato per scavare un aldilà, un vuoto che esiste. È il desiderio che ex-siste alla domanda. È che, se il sogno domanda anche un’interpretazione, non gli si da completa soddisfazione, affinché ciò che si soddisfa nel sogno emerga, e che l’inconscio venga interpretato.
Ci vorrà del tempo a Lacan per accorgersi che il vuoto nel sogno è occupato dall’oggetto causa di desiderio. C’è della domanda, nel Wunsch di Freud, ma come precisa Lacan nel 1977: “Il sogno differisce, differeud, perché differenzia, certo in modo non manifesto e del tutto enigmatico  basta vedere la pena che si dà Freud –, quello che bisogna chiamare una domanda e un desiderio. Il sogno chiede delle cose, ma anche lì, la lingua tedesca non aiuta Freud, dato che egli non trova un altro modo di indicarlo se non chiamandolo auspicio, Wunsch, il quale, insomma, si trova tra domanda e desiderio”17.
In questa mancanza, in questo vuoto al di là, per Lacan, si tratta di essere e non di avere. Il desiderio non è del campo dell’avere, tocca all’essere. Il desiderio non è soggetto, ma è presenza nel sogno di mancanza-ad-essere. È solo una mancanza-ad-essere sessuata, d’un sessuale che parla. Il sognatore è un parlessere. Il sesso nel sogno come altrove è un dire. Lacan è l’unico a afferrare che il dire di Freud è: Non c’è rapporto sessuale. E dunque, a causa di questo e attraverso questo, c’è il sogno.

La faglia del sognatore mascherato

Lacan puntualizza “che il sogno, ci dice Freud, è essenzialmente egoistico, che in tutto ciò che il sogno ci presenta, dobbiamo riconoscere la richiesta dell’Ich sotto la maschera. Benché non si articoli come Ich, e che si mascheri, nonostante questo è presente”18. Ed è proprio per questo che questo je assente è rappresentato nel sogno da una folla, quella di tutti i piccoli altri che popolano il sogno e che sono anche il sognatore, ma mai “je”. Il desiderante è così condannato a essere disperso e apparire sotto una maschera sociale.
Borges dice: “le maschere mi hanno sempre fatto paura”19  questo è in comune con la mia bambina. I bambini hanno paura di ciò che c’è dietro la maschera dell’Altro dell’adulto. L’adulto può, come Borges, pensare di strappare la maschera: “Ho paura di strappare la maschera perché ho paura di vedere il mio vero volto che immagino atroce. Su quel volto ci potrebbe essere la lebbra, il male o qualcosa di più terrificante di quanto posso immaginare”. Il risveglio sarà sempre un tentativo di estrazione del soggetto dalla folla sognata e sognante affinché je si ritrovi al risveglio. Ma je non voule sapere quello che c’è dietro la folla e le sue maschere. È un falso risveglio. Oggi ci consigliano di restare mascherati!
Lacan indica dunque che il desiderio di dormire è complice del desiderio del sogno evitando la realtà che s’incontra al risveglio. Ma è complice fino ad un certo punto. Non vuole che si sveli il desiderante, ovvero il piccolo a, il soggetto in quanto egli – non je, ma egli – è un oggetto a. La folla serve anche a dissimulare il nostro essere di a.
Questo rivela il sogno della farfalla: “Zhuangzi sognò che era farfalla, svolazzante, felice del suo destino, non sapendo che era Zhuangzi. Si svegliò di colpo e si accorse di essere Zhuangzi. Non sapeva più se era Zhuangzi che stava sognando di essere farfalla o se era una farfalla che sognava di essere Zhuangzi. La differenza fra Zhuangzi e la farfalla si chiama differenza degli esseri”.si Così nello stesso capitolo intitolato “Dell’unificazione”, Zhuangzi può dire: “Non sappiamo che sognamo quando sognamo e interpretiamo i nostri sogni sognando. […] è solamente al grande risveglio che capiremo di aver fatto un grande sogno. Colui [soggetto] che crede di essere sveglio, crede di distinguere un principe da un pastore. Che pretesa! Confucio e tu [siete] dei sogni, e io che ti dico che sei un sogno sono anch’io un sogno”20.
Per Lacan, Tchouang Tseu è proprio una farfalla, le cui ali sono costellate di ocelli, una farfalla che è uno sguardo. Ma, in fondo, forse che il sogno di Lacan non è da “realizzare”, da rendere presente questo oggetto del sogno incoglibile al risveglio, un oggetto che faccia limite al sapere, ai sembianti del mondo, un oggetto di sogno o il sogno di un oggetto?
Il lavoro del sogno non si ferma qui, non alla deformazione, non all’oggetto. Non è sufficiente che le cose siano deformate. Ci vuole l’elaborazione secondaria. Il sogno implica dei buchi. Ebbene l’elaborazione secondaria li tapperà, e renderà il sogno comprensibile, ovvero comunicabile e dunque comune. Esiste una funzione che mira a costruire una facciata al sogno, per renderlo socializzabile, comunicabile, presentabile e coerente. Questa facciata è spesso mutuata dal fantasma, dal sogno diurno, secondo Freud, o alla fantasticheria, che si classifica dal lato immaginario. Questi fantasmi sono, sempre secondo Freud, costruiti su ricordi dell’infanzia, come “molti palazzi romani di stile barocco rispetto alle rovine antiche: le pietre e le colonne degli edifici antichi hanno fornito il materiale per la costruzione dei palazzi moderni”21.
Anche il sogno permette di far rappresentare, al passaggio, elementi che indicano direttamente il godimento. Quello che Freud qualifica del termine Überdeutlich, si traduce in generale con “super chiaro” o “chiaro in modo anormale”.
L’Über è d’altronde all’opera ad ogni tappa. Il sogno fa che l’irrappresentabile sia tradotto in parte dal rappresentabile. Per esempio, alcuni elementi del sogno ne rappresenteranno altri transferali. Il transfert è innazitutto un mezzo del sogno – l’Übertragung. Infatti, il caso di Dora è sia l’analisi di un sogno che di un transfert. Di più, la convinzione del paziente deve passare ad un livello più elevato, l’Überzeugung, che fornisce la costruzione dell’analisi quando è comunicata al paziente. Questa convinzione inoltre è quella che conferisce il carattere ripetitivo del sogno. Per Lacan, quello che sveglia non è la realtà, ma la realtà mancata. E ciò che manca è la realtà della stessa causa, che sfugge. Per Freud, nel sogno del bambino che brucia, è il padre che manca la realtà del figlio. La faglia del padre si coglie nel sonno di un altro, di un vecchio, il quale fa che la realtà manchi. Nel sogno, cercate dunque la faglia!

Nel vuoto della realtà mancata

Nel vuoto della realtà mancata nel sogno si colloca la realtà psichcica. Lacan indica di non interpretare il padre. Ma non è qui la faglia di Freud in questo sogno, nel suo desiderio inserito nella questione del padre. Freud, padre anche degli analisti, diviene colui che provvede al poco di realtà. La mancanza della realtà del padre scava per Freud un posto, una spiaggia. In quel posto possono alloggiare il desiderio e una realtà: l’inconscio. Ecco una novità nel mondo, un nuovo senso al quesito del realismo, della realtà.
Al posto di ciò che è mancato viene la ripetizione. Lacan, nel seminario XI, parla del sogno del bambino che brucia come un omaggio alla realtà mancata: “realtà che non può più darsi, se non ripetendosi indefinitamente, in un risveglio indefinitamente mai raggiunto”22.

Quello che di noi è il più reale

Per Lacan, il sogno di Freud indica un risveglio verso il reale, un reale che va oltre il quesito del padre. L’assenza di risveglio alla realtà inconscia, il risveglio impossibile, diviene più reale di colui che provvede alla realtà del moto del mondo. È di più di un risveglio. Secondo Lacan, di più della realtà portata dal padre freudiano, quella che passa con la castrazione. È anche di più di ciò che ci promette la “realtà” della scienza. Per Lacan, la realtà nel sogno è un mezzo che ci fornisce attraverso la mancanza perfino l’accesso a qualcosa d’altro, a ciò che è in gioco del reale nell’inconscio.
Da notare che la ripetizione ha il compito della nuova realtà. La ripetizione del sogno traumatico restitutisce al soggetto la traccia di una realtà impossibile da cogliere, la stessa dell’evento traumatico, che ora è diventata una “realtà psichica”. È proprio il risveglio impossibile a fornirci, nella sua impossibilità, il risveglio a qualcosa che di noi è il più reale.

Il sogno è una svista

Che cosa succede quando sognamo? Borges, che si pone la domanda, evoca Shakespeare e dicendo che nel sogno forse “noi siamo ciò che Shakespeare ha chiamato the thing I am, “la cosa che io sono”, forse noi siamo noi stessi o la Divinità”23.
Lacan ci indica nella Prefazione dell’edizione inglese del Seminario XI, che l’inconscio sogna veramente. Si potrebbe pensare che sogna veramente perché è freudiano, perché trasferisce su Freud. Per Lacan questa verità è parte del miraggio, del sogno poiché “ci si deve attendere solo la menzogna”24. Quello del sintomo, ad esempio, Freud lo chiamava proton pseudos. Il sogno non è il sintomo. Lacan nel suo Seminario II dice che non hanno in comune che una grammatica. Aggiunge: “Sono differenti quanto un poema epico e un’opera sulla termodinamica”. Ciò che li distingue è la durata, il tempo: “un sintomo è sempre inserito in uno stato economico globale del soggetto, mentre il sogno è uno stato localizzato nel tempo, in condizioni estremamente particolari. Il sogno non è che una parte dell’attività del soggetto, mentre il sintomo si estende su più campi”25. In effetti il sintomo è la permanenza di un modo di godere, è la scelta di un partner, è il reale quando diventa insopportabile, è ciò che tesse un’esistenza, è un’arte. Notiamo che sogno e sintomo partecipano alla scrittura – anche se il sogno pende dalla parte della letteratura, più poema di transfert, mentre il sintomo pende dalla parte del matema. Alla fine della cura questa distinzione si attenua. Il sogno prende la piega del sintomo, si accorda. Il sogno è un istante che si sogna per sempre. E in questo caso, come sottolinea Lacan, è il sogno di un risveglio: “L’assenza di tempo è una cosa che si sogna, è ciò che si chiama l’eternità, e questo sogno consiste nell’immaginare il risveglio”26.
Il nostro sintomo con Lacan è il reale. E allora, il sogno non è che un sogno? Il reale del sogno, questo buco che vogliamo tappare con la tappezzeria dei nostri fantasmi, tutto questo può venire a spostare il sintomo? Con il sogno Freud ci indica una via regia senza dubbio perché è anche un pezzo del reale, di una svista. Il sogno è una svista perché, in mancanza del vero risveglio, fallisce del tutto. Perde il senso della realtà. Manca il risveglio. Il sogno è un lembo del caso che ci indica ciò che manca (che si perde) e che riesce a farci toccare un lembo del reale.
Ciò che ci fa dire non è che un sogno allude al desiderio di tessere un destino con i propri sogni. Ma ogni sogno, preso seriamente, buca ogni idea di questo destino. I sogni pertanto non ci incatenano ma ci danno una via d’uscita. Dire non è che un sogno è la svista per non risvegliarsi. Senza dubbio poiché il sogno “è un’opera di finzione”27. Il sogno non è privo di legami con i nostri fantasmi. Ne è la forza, la poesia e la debolezza nei riguardi del reale. Lacan ne fa una prova di verità per gli analisti: il sintomo vi ha fatto uscire dal miraggio del vero? il vostro inconscio si è messo a sognare del reale piuttosto che del vero? Potete dimostrarlo?

Si ha bisogno del risveglio oggi?

Mi direste che si ha bisogno del risveglio? il nostro tempo mostra che a dormire tutti insieme metterà presto fine ai sogni umani e si finirà per distruggere il pianeta. Il sintomo umano è l’inquinamento: si trova la presenza dell’uomo attraverso i rifiuti. Non è una novità.
Ciò che distrugge il pianeta è l’incubo scientista che può sedurre perché ci fa credere che ci sbarazzerà del vero per sostituirlo con il verificato che esclude il reale. Lo scientismo è un discorso che ci impone di non prendere sul serio i sogni, dunque bandisce Freud. Questo discorso non ha colto che esistono più reali: quello della scienza, dell’arte e della letteratura e quello della psicoanalisi, cioè del sintomo. Il sintomo ci mostra “l’artificio dei canali attraverso i quali il godimento arriva a causare quel che si legge come il mondo”28. La ricerca di Freud per far valere la realtà psichica prosegue in quello che oggi ci indica Jacques-Alain Miller: “L’evento di corpo che è il godimento appare come la vera causa della realtà psichica”29.
Considerare il triplo nodo del reale ci permetterebbe forse di non buttare a mare e oltre i nostri confini i sognatori, i dreamers, tutti coloro che vogliono una vita migliore. La psicanalisi con i sogni ci mostra buchi, mancanze dove collocare qualcosa di possibile. Come indica J.-A. Miller, Lacan partendo dall’essere, ha saputo cogliere ciò che fa buco nel sogno. Anche Joyce a modo suo ci portava in quella direzione poiché Finnegans Wake è un sogno che gira intorno al buco che si trova in un anello di lalangue. I fantasmi contemporanei – la maggior parte dei quali sono derivati dalla scienza che quando è scientista – esistono per tappare i buchi che la letteratura, la quale per prima (ha bisogno del sogno) e la psicanalisi dopo continuano a scavare. I fantasmi scientisti non permettono il transumanismo, che nasconde male in che cosa consiste il transsessualismo più pansessuale che in Freud e mira ad assicurare un più-di-godere che già vela la perdita del godimento necessario.
Il lavoro del sogno consiste nel mantenere il buco aperto, mantenere la traccia dell’ Ent-stellung, cioè l’ex-sistenza di un il y a, c’è. Si tratta di mantenere niente meno che la traccia distorta dell’ex-sistenza umana, del suo esilio originario; una ex-sistenza che non è umana senza i sogni, senza l’inconscio.
Alla fine del XX° secolo si è creduto di uscire dalla subordinazione, cioè dall’assoggettamento al padre, alla legge. Si evitava il padre, credendo di sfuggire al peggio. Ma se non sogniamo più insieme, allora saremo in una situazione peggiore dell’assoggettamento, nella sottomissione muta allo scientismo, al capitalismo liberale, alle “democrazie illiberali”, alle burocrazie sanitarie. Ci fisseremo su questa falsa fratellanza degli stessi che esclude tutti gli altri, tutti i sogni e tutti i sognatori.
La democrazia è la condizione della psicanalisi, ma l’inconscio e i sognatori sono la condizione necessari alla democrazia.

1. Cfr. lettera citata da Marinelli L. e Mayer A., Rêver avec Freud. L’histoire collective de l’Interprétation du rêve, Aubier, Paris, 2009, pp.179-180, trad. it. Sognare a libro aperto. L’interpretazione dei sogni di Freud e la storia del movimento psicoanalitico, Bollati Boringhieri, Torino, 2010.
2. Freud S., L’interpretazione dei sogni [1899], in Opere, vol. 3, Bollati Boringhieri, Torino, 1966, p. 107, nota 2.
3. Cfr. Bernays E., Correspondance avec Freud, “Le Coq-héron”, n. 194, septembre 2008, disponibile in https://www.cairn.info/revue-le-coq-heron-2008-3-page-81.htm
4. Freud S., Introduzione alla psicoanalisi (nuova serie di lezioni) [1932], in Opere, vol. 11, Bollati Boringhieri, Torino, 1979, p. 125.
5. Baudini S. e Naparstek F., Il sogno. La sua interpretazione e il suo uso nella cura lacaniana, presentazione del XII Congresso della AMP, disponibile in https://www.congresoamp2020.com
6. Freud S., Introduzione alla psicoanalisi (nuova serie di lezioni) cit., p. 126.
7. Ivi, p. 128.
8. Cfr. ivi, p. 134.
9. Cfr. Lacan J., L’ombilic du rêve est un trou. Jacques Lacan répond à une question de Marcel Ritter, “La Cause du désir”, n. 102, juin 2019, pp. 35-36.
10. Freud S., L’interpretazione dei sogni cit., p. 311.
11. Ivi, p. 447.
12. Lacan J., La direzione della cura e i principi del suo potere [1958], in Scritti, vol. II, Einaudi, Torino, 1974 e 2002, p. 615.
13. Cfr. ivi, p. 624.
14. Lacan J., L’ombilic du rêve est un trou. Jacques Lacan répond à une question de Marcel Ritter cit., p. 37.
15. Freud S., L’interpretazione dei sogni cit., p. 5.
16. Lacan J., Il Seminario. Libro XVI. Da un Altro all’altro [1968-1969], Einaudi, Torino, 2019, p. 194.
17. Lacan J., Apertura della Sezione clinica [1977], “La Psicoanalisi”, n. 55, gennaio-giugno 2014, p. 14.
18. Lacan J., Le Séminaire. Livre XIV. La logique du fantasma [1966-1967], inedito, lezione del 18 gennaio 1967.
19. Borges J. L., Conférences, Gallimard, Paris, 1985, pp.43-44.
20. Tchouang-Tseu, Le rêve du papillon, Albin Michel, Paris, 1994, pp. 34 -33.
21. Cfr. Freud S., L’interpretazione dei sogni cit., p. 450.
22. Lacan J., Il Seminario. Libro XI. I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi [1964], Einaudi, Torino 1979 e 2003, p. 57.
23. Borges J. L., Conférences cit., p. 38.
24. Lacan J., Prefazione all’edizione inglese del Seminario XI [1976], in Altri scritti, Einaudi, Torino, 2013, pp. 564-565.
25. Lacan J., Il Seminario. Libro II. L’io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi [1954-1955], Einaudi, Torino, 2006, p. 141.
26. Lacan J., Une pratique de bavardage, “Onicar?”, n. 19, janvier 1979, p. 5.
27. Borges J. L., Conférences cit., p. 36.
28. Lacan J., Postfazione al Seminario XI [1973], in Altri scritti cit., p. 504.
29. Miller J.-A., L’essere è il desiderio, in Miller J.-A. e Di Ciaccia A., L’Uno-tutto-solo, Astrolabio, Roma, 2018, p. 160, disponibile in https://www.congresoamp2020.com

Traduzione dal francese di Adriana Monselesan e Michela Zanella