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Sembianti al femminile

« Quando si tratta di una donna non è la stessa cosa, perché la donna ha una libertà molto grande nei confronti del sembiante. » 

Jacques Lacan, Il Seminario, libro XVIII, Di un discorso che non sarebbe del sembiante.

Lacan partendo dalla clinica, unico e indispensabile oggetto d’indagine e fine ultimo della psicoanalisi, mette in evidenza il posto della ripetizione nell’elaborazione freudiana e arriva ad articolare il godimento al linguaggio nella struttura discorsiva. Nel discorso l’inconscio viene implicato da un punto di vista strutturale. Questa costruzione topologica è caratterizzata da quattro posti fissi costanti, sui quali ruotano i termini S1, S2a e $[i], in una successione logica impossibile da alterare, i giri discorsivi rendono conto dei diversi legami sociali.  

Nel discorso dell’isterica è il sintomo ad essere al posto del sembiante, quel posto in alto a sinistra che costituisce l’elemento decisivo nel dare una direzione generale al discorso stesso : « Il sembiante non solo è reperibile, essenziale per indicare la funzione primaria della verità, ma senza questo riferimento è impossibile qualificare il discorso »[ii], ci dice Lacan.

Attraverso la “mascherata”, l’isterica sembra destinata alla legge della parvenza per farsi rappresentare presso l’altro sociale, amoroso o sessuale, tuttavia, sebbene sia una mascherata, il potere fallico è sostanziale per lei, sia che lo assuma, lo invidi o lo contesti, perché le consente di far fronte al difetto dell’essere. Su questo piano gode naturalmente di una grande e maggiore libertà rispetto al sembiante. 

Il rapporto con esso costituisce per l’isterica anche la sua divisione ($) rendendola più prossima al reale, Da un lato rifiuta di prendersi per la donna[iii]fa piuttosto luomo che suppone un sapere alla donna[iv], è all’altra che si rivolge per indagare la verità nascosta nel suo proprio essere; come ben mostra Dora che cerca nella signora K. il mistero della sua femminilità[v].

In relazione a questo impossibile tra ciò che rifiuta di essere e ciò che ella non sa essere, l’isterica prende la sua posizione di enunciazione, è identificata alla lacerazione insita nella tensione dialettica tra La Donna e una donna, inesauribile domanda del femminile. 

Nella fenomenologia più manifesta si producono esiti visibili nel corpo, il sintomo vuol dire qualcosa, è scritto, ma c’è anche da considerare un godimento altro (a) che si sottrae alla significazione, che è pura lettera.  Nella dimensione del discorso dell’isteria, il sembiante è causato dalla verità che ha il privilegio di coincidere con l’oggetto plusgodere (a), collocato sotto la barra. Già qui si intravede ciò che Lacan preciserà in modo innovativo di lì a poco, che c’è un altro godimento al di là della logica del fallo, un godimento in più, che egli qualifica come “supplementare”. Il femminile è un modo di godere soggetto al non-tutto[vi].

Per questa ragione forse, Lacan nel Seminario XX sembra avvicinare l’isteria alla femminilità: « Ciò può condurle soltanto a quel termine ultimo – non a caso lo chiamo così – che è l’isteria […] cioè a fare l’uomo, come ho detto, diventando quindi difficile per loro non sentire l’impasse che consiste nel fatto che si “medesimano” nell’Altro, perché insomma non c’è bisogno di sapersi Altro per essere tale »[vii].

Di  questo godimento non-tutto le donne non sanno parlare, è ai limiti del linguaggio e per questo fuori dalla rappresentazione significante, si rapporta piuttosto al silenzio, mette in luce Marie-Hélène Brousse[viii], è provato nel corpo senza essere localizzato in un organo. È il loro enigma, il loro segreto. 

Nelle formule della femminilità, sul lato destro della tavola della sessuazione[ix], coloro che vi si collocano – poco importa se sotto l’aspetto anatomico o di stato civile siano maschi o femmine, il femminile non è una faccenda soltanto di donne – non istituiscono un insieme, ma possono farvi parte solo una per una (al femminile), perchè ognuna è un’eccezione. Un’eccezione che, iscrivendosi sul lato del non-tutto si sottrae, almeno parzialmente, al dominio del fallo e alla potenza ad esso connessa. 

Interessante notare il rilievo dell’isterizzazione del discorso nella cura analitica e come fin dalle battute iniziali il concetto di non-tutto emerga dagli aspetti inediti prodotti dal Discorso dell’Analista[x], un discorso che articola, per giro discorsivo, proprio ciò che nel discorso dell’isterica rimane celato sotto la barra (a), e come per questo motivo si presenti da subito in opposizione all’universale.  

Parimenti, alla fine di un’analisi, come indicano diverse testimonianze di passe, è possibile distinguere la posizione dell’analista come sembiante di oggetto (a), in analogia con la posizione femminile di S(Ⱥ), significante inventato per ogni essere parlante per nominare un godimento ignorato dalla catena significante, che borda senza tapparlo il buco della forclusione femminile.


[i] Significante padrone, sapere, godimento e soggetto diviso.

[ii] Lacan J., Il Seminario, libro XVIII, Di un discorso che non sarebbe del sembiante, Torino, Einaudi, 2010, p. 19.

[iii] Lacan J., Il Seminario, libro XVI, Da un Altro a un altro, Torino, Einaudi, 2019, p. 333.

[iv] Idem, p. 385.

[v] Lacan J., Il Seminario, libro XVII, Il rovescio della psicoanalisi, p. 115-116.

[vi] Lacan ha sviluppato il concetto di pas tout soprattutto nei Seminari XIX … o peggio e XX – Ancora, nonché nello scritto del 1972, « Lo stordito ».

[vii] Lacan J., Il Seminario, libro XX, Ancora, Torino, Einaudi, 2011, p.79-80.

[viii] Brousse M.-H., Modo di godere al femminile, Torino, Rosenberg & Sellier, 2021, p. 55.

[ix] Lacan J., Il Seminario, libro XX, Ancoraop. cit., p. 73.

[x] Lacan J., Il Seminario, libro XVIII, Di un discorso che non sarebbe del sembiante, op. cit., p. 119.